Come ho esposto nel post precedente, seguendo la teoria di Fericgla, il consumo di ayahuasca crea una coscienza dialogica riassumibile nella capacità di dialogare con se stessi attraverso l'azione del ricordo della propria identità e del sopraproprio vissuto. Questo processo apporta all'individuo insegnamenti intimamente utili per il suo vivere (e talvolta per la società di appartenenza), giungendo a ciò che Fericgla chiama principio di “auto-organizzazione”. Ossia, il soggetto, attraverso processi di auto-revisione del proprio “Io” indotti dalla coscienza dialogica, diventa più consapevole del ruolo che possiede come individuo, sia quello che ricopre nella realtà in cui è immerso. Di conseguenza, la molla creativa che deriva dalla riflessione profonda generata da questo processo attua una modifica richiesta dentro il sistema contestuale che lo avvolge. Questo fenomeno non va letto in chiave individualistica ed autocentrica: la riflessione, oltre ad essere un atto metacognitivo e introspettivo, è anche diretta verso l'ambiente in modo critico attraverso un processo basicamente sociale.Quindi, i processi di comunicazione intra- e inter-personali,basati sul dialogismo e sull'introspezione, permettono di acquisire una visione più ampia della propria situazione, giacché mediante questo stile cognitivo si apprende ad osservare i pensieri, percependone l'adeguamento o la mancanza. L'uso di ayahuasca permette quindi di esplorare con dettaglio il funzionamento della mente umana, rivelandosi un valido mezzo che incentiva meccanismi cognitivi potenzialmente validi per correggere e riequilibrare il momento storico dell'individuo.
"È Maya, il velo ingannatore, che avvolge gli occhi dei mortali e fa loro vedere un mondo del quale non può dirsi né che esista, né che non esista; perché ella rassomiglia al sogno, rassomiglia al riflesso del sole sulla sabbia, che il pellegrino da lontano scambia per acqua, o anche rassomiglia alla corda gettata a terra che egli prende per un serpente"
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