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venerdì 30 settembre 2011

QUANDO CRISTO SI ALLEA CON L'AYAHUASCA: esperienza di una cerimonia sincretica



In Perù, come in altre parti del Sud America, oltre ai curanderos o agli sciamani tradizionali, esistono gli ayahuasqueros che oltre ad usare l'ayahuasca si avvalgono della religione cristiana, o meglio del Cristo e della sua storia, lavorando così, nelle loro cerimonie con l'aiuto di entrambi. Non mi riferisco al Santo Daime, ma a questa realtà più piccola ed individuale, in cui, ferventi credenti cristiani, hanno fuso religione e piante-maestro creando un sincretismo a dir poco anomalo agli occhi di un qualsiasi occidentale . In realtà sono sciamani anch'essi in tutto e per tutto: hanno praticato durissimi anni di apprendistato, diete di isolamento e sono capaci anch'essi di intervenire (e quindi anche diagnosticare) su malattie, disagi, malocchi o di divinare o compiere altresì operazioni di magia nera parallelamente a quella bianca. La caratteristica che li differenzia dal punto di vista della loro “formazione” è un'impeccabile (anche se talvolta fantasiosa) conoscenza e  fede religiosa, incluse orazioni sacre (paragonabili agli icaros per funzione, ma molto più lente e più simili a nenie) che vengono recitate durante il rituale. Cosa c'entra l'ayahuasca? L'ayahuasca, secondo questa visione, è il TRAMITE, il ponte: avvicina a Dio e di conseguenza rivela il divino, il mistero ed il misterioso ed è comunque cura e medicina per il corpo e lo...spirito.
Nonostante la mia totale assenza di fede cristiana, queste persone mi hanno sempre, in qualche modo, incuriosito. O meglio: questo sincretismo mi ha spesso attratta. E' quindi successo che io ed il mio compagno, ad Iquitos, abbiamo fatto la conoscenza di don Pedro. Un amico di un amico del posto ci ha parlato di lui, fornendoci il suo contatto.
Così, abbiamo incontrato don Pedro dopo aver preso un appuntamento per telefono. Non eravamo molto convinti, ma siamo comunque andati. Arrivati a casa sua abbiamo avuto modo di capire cosa ci avrebbe offerto. Don Pedro è un anziano signore (66 anni) e già dall'altare della sua sala cerimoniale (un ristretto sgabbiotto di lamiera in terra battuta con qualche panca) abbiamo subito avuto conferma del suo credo: accanto ad una polverosa bottiglia di ayahuasca ed un libro di preghiere, un Cristo in croce di legno grezzo si ergeva in maniera surreale, tanto era sproporzionato rispetto all'antro angusto. Fumando avidamente una sigaretta dopo l'altra, con la sua chiacchiera sciolta,don Pedro ci ha presto proposto di partecipare alla sua cerimonia la sera stessa, ma ovviamente, il pensiero di prender la Medicina ad Iquitos, in un claustrofobico pertugio di metallo,in mezzo alla città, non ci ha allettato. Molto cortesemente gli abbiamo allora spiegato che avremmo trovato più opportuno trovare un luogo più tranquillo e più silenzioso,lontano, insomma, dal chiasso infernale della città. Ci ha così informati che sarebbe stata disponibile la casa di sua sorella, sulla strada per Nauta, abbastanza distante dal centro. Perchè no!Abbiamo accettato. E così, qualche tempo dopo, è arrivato il giorno della cerimonia e ci siamo diretti a casa della sorella, fuori città.  Arrivati alla casa io e M. ci siamo subito un po' contrariati: la casa era sì, fuori città, ma proprio davanti alla strada principale e soprattutto, attaccata e confinante con molte altre abitazioni. Non era certo un elemento trascurabile, conoscendo il talento naturale  dei peruviani della selva nel far chiasso. Seppur perplessi e timorosi decidiamo comunque di partecipare alla cerimonia per non offendere l'ospitalità e la disponibilità di don Pedro e della sorella.


Nel mentre che attendevamo il giungere dell'ora fissata per la cerimonia, don Pedro mi ha lungamente intrattenuto spiegandomi un po' il suo credo ed il suo modo di operare. Così, parlando, è giunta l'inevitabile e (da me) temuta domanda di rito : “Y tu, crees en Dios?”. Miriadi di pensieri si affacciano in quell'istante alla mia mente: penso al mio personale significato di Dio, alla mia educazione religiosa, libera e mai bagnata dalla sacra acqua di battesimo. Così cerco di divagare, ma don Pedro, speditamente, mi improvvisa un sermone al quale ormai è impossibile tirarsi indietro. Mentre lo ascolto sconcertata recitare il Padre Nostro i miei dubbi riguardo la cerimonia aumentano, chiedendomi come avrei potuto sopportare tante preghiere ed orazioni cristiane, in più l'atmosfera era così surreale che impediva quasi il concretizzare ciò che avrei vissuto di lì a poco. Ciò che proprio mi pareva paradossale era l'idea di vivere un momento simile: un ayahusquero cristiano del Perù stava tentando di convertire un'atea occidentale....mi sembrava così assurdo! Fra un'orazione e l'altra si avvicinano (per fortuna!)le otto di sera, così, una volta pronti, ci disponiamo nel rettangolo di sabbia adibito alla cerimonia, nel giardino della casa. C'è una sottile striscia di nylon per terra, di fronte ad una sedia. Normalmente, infatti, nei lavori di Don Pedro, i pazienti stanno seduti, come lui, che però sta sulla sedia, ma io e M. ci attrezziamo comunque con i nostri saccoapelo, nell'eventualità che il caso richieda di sdraiarci. Senza alcun incipit rituale, don Pedro ci somministra la Medicina. E' già buio ed è difficile sapere e capire quante sono le persone presenti e quante, fra queste, partecipino effettivamente, ma più o meno, il numero non va oltre i sette. L'Ayahuasca è molto densa ed il sapore è forte. Bevuto il mio bicchierino -che per il sapore mi sembra comunque infinito- me ne sto un po' a sedere e don Pedro inizia subito a cantare. Canti fin da subito impregnati di presenza e spirito cristiano, ma comunque melodici. Passa un po' di tempo e decido di sdraiarmi, anche perchè inizio a sentir freddo, molto freddo. Così, rintanata nel mio saccoapelo cerco di rilassarmi senza fare troppa attenzione alle parole degli icaros, inframezzati da qualche preghiera. Inizio a sentir fame e mi chiedo se la Medicina farà davvero effetto o si rivelerà un fiasco. In tal caso -penso- pazienza: sgranocchierò qualcosa e avrò tempo per riposarmi. Poco dopo questi pensieri, ecco che inizio ad avvertire i caratteristici effetti ottici, con lievi sensazioni fisiche di mareacion. Comincio a sentire gli effetti salire tutti insieme, a gran velocità. Le visioni, più definite, iniziano ad affacciarsi. Poi succede qualcosa che non sarebbe dovuto succedere. Qualcosa che segnerà definitivamente la mia esperienza di quella notte. All'improvviso, da una delle case vicine, uno stereo inizia a sparare musica pop peruviana a tutto volume, così forte che a tratti risulta persino impossibile sentire i canti di don Pedro. Dentro di me inizio ad agitarmi: nervosismo, intolleranza, insofferenza. Cerco comunque di concentrarmi, di focalizzarmi sulle visioni, ma sono immagini angoscianti di morte e distruzione. Ci sono momenti in cui non vedo altro che teschi, morte, oscuri paesaggi dall'aspetto inquietante. La musica, cacofonica, si fa sempre più alta, così la mia concentrazione sfuma e le visioni iniziano a dissolversi con essa. Riesco a riprenderle solo fra  una pausa musicale e l'altra, ma continuano ad essere cupe e tristi. Vedo i miei genitori, da vecchi, indifesi, racchiusi in una sorta di fragilità dell'età. Sento paura, amore e tenerezza. Vedo mio nonno paterno e mia nonna materna, solo per un attimo, ma riescono a sorridermi. Poi le immagini spariscono e resta solamente tutto l'insieme di sensazioni fisiche. La mia mente non può fare a meno di volare nella casa dei vicini, dove mi proietto armata di accetta e con pura soddisfazione faccio a pezzettini, minuziosamente, ogni più piccola parte dello stereo. Ma è tutto inutile: il baccano prosegue, incessante, nella realtà ordinaria.
Qualche immagine di carattere angosciante torna a far capolino e ripenso a ciò che nel pomeriggio mi aveva raccontato don Pedro riguardo ad un suo allievo che con ayahuasca aveva solo visioni infernali perchè non era battezzato.  Mi viene da ghignare, se non fosse per il nervosismo che mantiene le mie mandibole serrate. Non riesco a concentrarmi su niente, se non su tutto l'odio viscerale che provo per quella musica e per chi se la sta ascoltando. Dura un bel po': forse un paio d'ore. Poi, finalmente, ecco che la musica finisce, ma ormai mi trovo in un irrimediabile stato di distrazione. Il mio corpo è con la Medicina, totalmente impregnato ; la mia testa, invece, è altrove, o perlomeno non si trova in sintonia. La sensazione è tanto sgradevole quanto frustrante. I canti e le preghiere di don Pedro mi rendono insofferente : non li sopporto più, così religiosi e ripetitivi. Solo uno, fra questi, riesce a risollevare il mio stato ed è infatti un canto totalmente differente dagli altri: è un icaro che elogia alcune piante-maestro. Inizio a sentirmi meglio, ma presto termina e il tema ricade sul religioso. E' una tortura. Il mio corpo è totalmente ubriaco e non riesco a controllarlo. Con tutta me stessa spero che gli effetti sciamino e che la cerimonia si concluda presto. Arriva il momento in cui don Pedro richiama M. per dargli l'arcana: orazione sacra di protezione contro i mali, le difficoltà della vita e scudo difensivo contro le energie negative di eventuali nemici. Così, M., da sdraiato che era, si mette seduto, mentre don Pedro sistema la sua sedia davanti a lui e inizia  a recitare le orazioni. So che dopo sarà il mio turno e non posso fare a meno di notare che il curandero impiega un bel po' di tempo per il suo rituale, il che mi preoccupa, dato il mio stato mentale ancora tormentato ed il corpo che non risponde pienamente alle mie volontà. Ecco poi che arriva il mio momento, così con fatica mi sollevo per mettermi seduta, sperando di poter reggere. Inizialmente percepisco l'operazione come qualcosa di simile ad un esorcismo, poi faccio attenzione alle parole di protezione e cerco di rilassarmi, nonostante la posizione più che scomoda. Poi termina e nel pronunciare le ultime parole, chiamandomi spesso e affettuosamente  con il mio nome al diminutivo, noto che don Pedro, sulla sua sedia, inizia ad agitare freneticamente le gambe e automaticamente la mia mente vola nei ricordi lontani, fino a raggiungere l'immagine del maniaco della palestra, incubo di noi ginnaste, che veniva spesso a guardarci allenare. Quando iniziava a raggiungere il suo stadio di eccitazione agitava le gambe proprio come don Pedro stava facendo di fronte ai miei occhi. Dopo questo pensiero-immagine mi ghiaccio ed inizio a guardare con sospetto quel vecchietto guaritore che, ancora di fronte a me,termina col dirmi che grazie ad il suo arcana non mi succederà alcun male lungo tutto il mio cammino di vita. Così, conclusasi le orazioni, frettolosamente e distaccatamente lo ringrazio per crollare stremata sul mio giaciglio: non ne posso più. Voglio che tutto finisca e tutto finisce davvero. Ma io sono molle, liquida e tento di stirare tutto il mio corpo per riprendere possesso dei miei muscoli. Dormire, dormire, dormire: questo è il mio unico desiderio. Arriva presto il momento in cui M. mi richiama per andare in camera. Momento che giudico alquanto prematuro, date le mie condizioni, ma l'idea di allontanarmi da quel posto diabolico, raggiungere il letto e sdraiarmi prevale e così, facendomi forza, mi alzo. Barcollo, cammino a zigzag, evitando ostacoli che in realtà non esistono e andando incontro a quelli reali che invece non vedo. Non mi sento più i piedi. Improvvisamente, poco prima dell'entrata alla capanna, ci appare don Pedro. Non posso fare a meno di continuare a guardarlo con sospetto e sento con una sicurezza raramente provata che sta lì per chiederci qualcosa, sicuramente denaro (molti sciamani, spesso, si fanno prendere dalla mano e finiscono con fare sempre più richieste di soldi o regali a sorpresa di clienti-pazienti occidentali). Si avvicina ricurvo a M., biascica parole con dolcezza all'inizio a me non comprensibili, ma in poco tempo capisco che sta chiedendo degli spiccioli per poter pagare il taxi quando il giorno seguente farà ritorno in città. “Poco male”-penso- “Si è accontentato di poco”. Sento dentro me stessa un vulcano ribollente di nervosismo e disappunto e quando ci viene chiesto il giudizio sulla sua “ayahuasquita” io glisso mugugnando, mentre M., solare e beato elogia il nettare e l'operato del maestro. Ciò fa aumentare il mio ribollire di rabbia, così, per quel che posso, affretto il passo per dirigermi in camera. Dopo aver affrontato le scalette di legno, pericolosissime per la mia condizione motoria, finalmente giunta al piano alto, scopro che uno sconosciuto sta rumorosamente dormendo nell'amaca della nostra camera. Ecco che un altro tassello va ad aggiungersi al grande puzzle del mio malumore: ci mancava solo un russatore clandestino, prossimo disturbatore dei miei sogni. Nel mentre don Pedro ci raggiunge per farsi dare gli spiccioli richiesti per il suo passaggio in macchina. Per aiutare M. nella ricerca dei suddetti ecco che all'improvviso, senza il tempo di frenarlo, accende l'interruttore della luce: la luce bianca del gigantesco neon sul soffitto mi abbaglia, stordendomi  fino a farmi salire la nausea. Non ne posso più, cosi decido di andare in bagno e una volta sola, lì, accesa la luce, mi diverto a giocare con gli effetti ottici ancora vivissimi. Muovo le mani nello spazio e rimango meravigliata nell'osservare le grandi scie luminose che queste tracciano nell'aria. Giunge poi, finalmente, il sacro momento di andare a letto, momento in cui spero che l'incubo sia finito davvero, anche se il misterioso occupante dell'amaca russa ancora indecorosamente. Ma voglio dormire, dormire e dimenticare, per quanto possibile. Non faccio in tempo a tirare un sospiro di sollievo, appena sdraiata, che un gruppo di cani inizia ad abbaiare sguaiatamente. Uno di loro durerà per ore, lasciando poi spazio ai galli che, a loro volta, si ammutoliranno in segno di rispetto verso la radio dei vicini. Arriva il momento di alzarci e non ho dormito neanche cinque minuti. Pian, piano il mio umore passa dalla rabbia incontenibile alla preoccupazione, chiedendomi su quali energie avrei potuto aggrapparmi per sopravvivere al viaggio che ci avrebbe aspettato proprio quel giorno per partire alla volta di Tarapoto.
LEZIONE APPRESA:  mai sottovalutare le proprie forze, in particolare quelle nascoste.

Rimango comunque grata a don Pedro per la sua gentilezza, consapevole di quanto l'esperienza inquinata dal contesto circostante abbia influenzato, quella notte, il giudizio verso quel loquace e generoso uomo di Medicina. In ogni caso, ciò che ho compreso -o meglio, verificato- è che cerimonie di tipo tradizionali, libere da sincretismi religiosi di questo tipo, mi sono più congeniali per spirito e bagaglio simbolico e rimango contenta di avere avuto comunque la possibilità di comprenderlo completamente.