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venerdì 30 settembre 2011

QUANDO CRISTO SI ALLEA CON L'AYAHUASCA: esperienza di una cerimonia sincretica



In Perù, come in altre parti del Sud America, oltre ai curanderos o agli sciamani tradizionali, esistono gli ayahuasqueros che oltre ad usare l'ayahuasca si avvalgono della religione cristiana, o meglio del Cristo e della sua storia, lavorando così, nelle loro cerimonie con l'aiuto di entrambi. Non mi riferisco al Santo Daime, ma a questa realtà più piccola ed individuale, in cui, ferventi credenti cristiani, hanno fuso religione e piante-maestro creando un sincretismo a dir poco anomalo agli occhi di un qualsiasi occidentale . In realtà sono sciamani anch'essi in tutto e per tutto: hanno praticato durissimi anni di apprendistato, diete di isolamento e sono capaci anch'essi di intervenire (e quindi anche diagnosticare) su malattie, disagi, malocchi o di divinare o compiere altresì operazioni di magia nera parallelamente a quella bianca. La caratteristica che li differenzia dal punto di vista della loro “formazione” è un'impeccabile (anche se talvolta fantasiosa) conoscenza e  fede religiosa, incluse orazioni sacre (paragonabili agli icaros per funzione, ma molto più lente e più simili a nenie) che vengono recitate durante il rituale. Cosa c'entra l'ayahuasca? L'ayahuasca, secondo questa visione, è il TRAMITE, il ponte: avvicina a Dio e di conseguenza rivela il divino, il mistero ed il misterioso ed è comunque cura e medicina per il corpo e lo...spirito.
Nonostante la mia totale assenza di fede cristiana, queste persone mi hanno sempre, in qualche modo, incuriosito. O meglio: questo sincretismo mi ha spesso attratta. E' quindi successo che io ed il mio compagno, ad Iquitos, abbiamo fatto la conoscenza di don Pedro. Un amico di un amico del posto ci ha parlato di lui, fornendoci il suo contatto.
Così, abbiamo incontrato don Pedro dopo aver preso un appuntamento per telefono. Non eravamo molto convinti, ma siamo comunque andati. Arrivati a casa sua abbiamo avuto modo di capire cosa ci avrebbe offerto. Don Pedro è un anziano signore (66 anni) e già dall'altare della sua sala cerimoniale (un ristretto sgabbiotto di lamiera in terra battuta con qualche panca) abbiamo subito avuto conferma del suo credo: accanto ad una polverosa bottiglia di ayahuasca ed un libro di preghiere, un Cristo in croce di legno grezzo si ergeva in maniera surreale, tanto era sproporzionato rispetto all'antro angusto. Fumando avidamente una sigaretta dopo l'altra, con la sua chiacchiera sciolta,don Pedro ci ha presto proposto di partecipare alla sua cerimonia la sera stessa, ma ovviamente, il pensiero di prender la Medicina ad Iquitos, in un claustrofobico pertugio di metallo,in mezzo alla città, non ci ha allettato. Molto cortesemente gli abbiamo allora spiegato che avremmo trovato più opportuno trovare un luogo più tranquillo e più silenzioso,lontano, insomma, dal chiasso infernale della città. Ci ha così informati che sarebbe stata disponibile la casa di sua sorella, sulla strada per Nauta, abbastanza distante dal centro. Perchè no!Abbiamo accettato. E così, qualche tempo dopo, è arrivato il giorno della cerimonia e ci siamo diretti a casa della sorella, fuori città.  Arrivati alla casa io e M. ci siamo subito un po' contrariati: la casa era sì, fuori città, ma proprio davanti alla strada principale e soprattutto, attaccata e confinante con molte altre abitazioni. Non era certo un elemento trascurabile, conoscendo il talento naturale  dei peruviani della selva nel far chiasso. Seppur perplessi e timorosi decidiamo comunque di partecipare alla cerimonia per non offendere l'ospitalità e la disponibilità di don Pedro e della sorella.


Nel mentre che attendevamo il giungere dell'ora fissata per la cerimonia, don Pedro mi ha lungamente intrattenuto spiegandomi un po' il suo credo ed il suo modo di operare. Così, parlando, è giunta l'inevitabile e (da me) temuta domanda di rito : “Y tu, crees en Dios?”. Miriadi di pensieri si affacciano in quell'istante alla mia mente: penso al mio personale significato di Dio, alla mia educazione religiosa, libera e mai bagnata dalla sacra acqua di battesimo. Così cerco di divagare, ma don Pedro, speditamente, mi improvvisa un sermone al quale ormai è impossibile tirarsi indietro. Mentre lo ascolto sconcertata recitare il Padre Nostro i miei dubbi riguardo la cerimonia aumentano, chiedendomi come avrei potuto sopportare tante preghiere ed orazioni cristiane, in più l'atmosfera era così surreale che impediva quasi il concretizzare ciò che avrei vissuto di lì a poco. Ciò che proprio mi pareva paradossale era l'idea di vivere un momento simile: un ayahusquero cristiano del Perù stava tentando di convertire un'atea occidentale....mi sembrava così assurdo! Fra un'orazione e l'altra si avvicinano (per fortuna!)le otto di sera, così, una volta pronti, ci disponiamo nel rettangolo di sabbia adibito alla cerimonia, nel giardino della casa. C'è una sottile striscia di nylon per terra, di fronte ad una sedia. Normalmente, infatti, nei lavori di Don Pedro, i pazienti stanno seduti, come lui, che però sta sulla sedia, ma io e M. ci attrezziamo comunque con i nostri saccoapelo, nell'eventualità che il caso richieda di sdraiarci. Senza alcun incipit rituale, don Pedro ci somministra la Medicina. E' già buio ed è difficile sapere e capire quante sono le persone presenti e quante, fra queste, partecipino effettivamente, ma più o meno, il numero non va oltre i sette. L'Ayahuasca è molto densa ed il sapore è forte. Bevuto il mio bicchierino -che per il sapore mi sembra comunque infinito- me ne sto un po' a sedere e don Pedro inizia subito a cantare. Canti fin da subito impregnati di presenza e spirito cristiano, ma comunque melodici. Passa un po' di tempo e decido di sdraiarmi, anche perchè inizio a sentir freddo, molto freddo. Così, rintanata nel mio saccoapelo cerco di rilassarmi senza fare troppa attenzione alle parole degli icaros, inframezzati da qualche preghiera. Inizio a sentir fame e mi chiedo se la Medicina farà davvero effetto o si rivelerà un fiasco. In tal caso -penso- pazienza: sgranocchierò qualcosa e avrò tempo per riposarmi. Poco dopo questi pensieri, ecco che inizio ad avvertire i caratteristici effetti ottici, con lievi sensazioni fisiche di mareacion. Comincio a sentire gli effetti salire tutti insieme, a gran velocità. Le visioni, più definite, iniziano ad affacciarsi. Poi succede qualcosa che non sarebbe dovuto succedere. Qualcosa che segnerà definitivamente la mia esperienza di quella notte. All'improvviso, da una delle case vicine, uno stereo inizia a sparare musica pop peruviana a tutto volume, così forte che a tratti risulta persino impossibile sentire i canti di don Pedro. Dentro di me inizio ad agitarmi: nervosismo, intolleranza, insofferenza. Cerco comunque di concentrarmi, di focalizzarmi sulle visioni, ma sono immagini angoscianti di morte e distruzione. Ci sono momenti in cui non vedo altro che teschi, morte, oscuri paesaggi dall'aspetto inquietante. La musica, cacofonica, si fa sempre più alta, così la mia concentrazione sfuma e le visioni iniziano a dissolversi con essa. Riesco a riprenderle solo fra  una pausa musicale e l'altra, ma continuano ad essere cupe e tristi. Vedo i miei genitori, da vecchi, indifesi, racchiusi in una sorta di fragilità dell'età. Sento paura, amore e tenerezza. Vedo mio nonno paterno e mia nonna materna, solo per un attimo, ma riescono a sorridermi. Poi le immagini spariscono e resta solamente tutto l'insieme di sensazioni fisiche. La mia mente non può fare a meno di volare nella casa dei vicini, dove mi proietto armata di accetta e con pura soddisfazione faccio a pezzettini, minuziosamente, ogni più piccola parte dello stereo. Ma è tutto inutile: il baccano prosegue, incessante, nella realtà ordinaria.
Qualche immagine di carattere angosciante torna a far capolino e ripenso a ciò che nel pomeriggio mi aveva raccontato don Pedro riguardo ad un suo allievo che con ayahuasca aveva solo visioni infernali perchè non era battezzato.  Mi viene da ghignare, se non fosse per il nervosismo che mantiene le mie mandibole serrate. Non riesco a concentrarmi su niente, se non su tutto l'odio viscerale che provo per quella musica e per chi se la sta ascoltando. Dura un bel po': forse un paio d'ore. Poi, finalmente, ecco che la musica finisce, ma ormai mi trovo in un irrimediabile stato di distrazione. Il mio corpo è con la Medicina, totalmente impregnato ; la mia testa, invece, è altrove, o perlomeno non si trova in sintonia. La sensazione è tanto sgradevole quanto frustrante. I canti e le preghiere di don Pedro mi rendono insofferente : non li sopporto più, così religiosi e ripetitivi. Solo uno, fra questi, riesce a risollevare il mio stato ed è infatti un canto totalmente differente dagli altri: è un icaro che elogia alcune piante-maestro. Inizio a sentirmi meglio, ma presto termina e il tema ricade sul religioso. E' una tortura. Il mio corpo è totalmente ubriaco e non riesco a controllarlo. Con tutta me stessa spero che gli effetti sciamino e che la cerimonia si concluda presto. Arriva il momento in cui don Pedro richiama M. per dargli l'arcana: orazione sacra di protezione contro i mali, le difficoltà della vita e scudo difensivo contro le energie negative di eventuali nemici. Così, M., da sdraiato che era, si mette seduto, mentre don Pedro sistema la sua sedia davanti a lui e inizia  a recitare le orazioni. So che dopo sarà il mio turno e non posso fare a meno di notare che il curandero impiega un bel po' di tempo per il suo rituale, il che mi preoccupa, dato il mio stato mentale ancora tormentato ed il corpo che non risponde pienamente alle mie volontà. Ecco poi che arriva il mio momento, così con fatica mi sollevo per mettermi seduta, sperando di poter reggere. Inizialmente percepisco l'operazione come qualcosa di simile ad un esorcismo, poi faccio attenzione alle parole di protezione e cerco di rilassarmi, nonostante la posizione più che scomoda. Poi termina e nel pronunciare le ultime parole, chiamandomi spesso e affettuosamente  con il mio nome al diminutivo, noto che don Pedro, sulla sua sedia, inizia ad agitare freneticamente le gambe e automaticamente la mia mente vola nei ricordi lontani, fino a raggiungere l'immagine del maniaco della palestra, incubo di noi ginnaste, che veniva spesso a guardarci allenare. Quando iniziava a raggiungere il suo stadio di eccitazione agitava le gambe proprio come don Pedro stava facendo di fronte ai miei occhi. Dopo questo pensiero-immagine mi ghiaccio ed inizio a guardare con sospetto quel vecchietto guaritore che, ancora di fronte a me,termina col dirmi che grazie ad il suo arcana non mi succederà alcun male lungo tutto il mio cammino di vita. Così, conclusasi le orazioni, frettolosamente e distaccatamente lo ringrazio per crollare stremata sul mio giaciglio: non ne posso più. Voglio che tutto finisca e tutto finisce davvero. Ma io sono molle, liquida e tento di stirare tutto il mio corpo per riprendere possesso dei miei muscoli. Dormire, dormire, dormire: questo è il mio unico desiderio. Arriva presto il momento in cui M. mi richiama per andare in camera. Momento che giudico alquanto prematuro, date le mie condizioni, ma l'idea di allontanarmi da quel posto diabolico, raggiungere il letto e sdraiarmi prevale e così, facendomi forza, mi alzo. Barcollo, cammino a zigzag, evitando ostacoli che in realtà non esistono e andando incontro a quelli reali che invece non vedo. Non mi sento più i piedi. Improvvisamente, poco prima dell'entrata alla capanna, ci appare don Pedro. Non posso fare a meno di continuare a guardarlo con sospetto e sento con una sicurezza raramente provata che sta lì per chiederci qualcosa, sicuramente denaro (molti sciamani, spesso, si fanno prendere dalla mano e finiscono con fare sempre più richieste di soldi o regali a sorpresa di clienti-pazienti occidentali). Si avvicina ricurvo a M., biascica parole con dolcezza all'inizio a me non comprensibili, ma in poco tempo capisco che sta chiedendo degli spiccioli per poter pagare il taxi quando il giorno seguente farà ritorno in città. “Poco male”-penso- “Si è accontentato di poco”. Sento dentro me stessa un vulcano ribollente di nervosismo e disappunto e quando ci viene chiesto il giudizio sulla sua “ayahuasquita” io glisso mugugnando, mentre M., solare e beato elogia il nettare e l'operato del maestro. Ciò fa aumentare il mio ribollire di rabbia, così, per quel che posso, affretto il passo per dirigermi in camera. Dopo aver affrontato le scalette di legno, pericolosissime per la mia condizione motoria, finalmente giunta al piano alto, scopro che uno sconosciuto sta rumorosamente dormendo nell'amaca della nostra camera. Ecco che un altro tassello va ad aggiungersi al grande puzzle del mio malumore: ci mancava solo un russatore clandestino, prossimo disturbatore dei miei sogni. Nel mentre don Pedro ci raggiunge per farsi dare gli spiccioli richiesti per il suo passaggio in macchina. Per aiutare M. nella ricerca dei suddetti ecco che all'improvviso, senza il tempo di frenarlo, accende l'interruttore della luce: la luce bianca del gigantesco neon sul soffitto mi abbaglia, stordendomi  fino a farmi salire la nausea. Non ne posso più, cosi decido di andare in bagno e una volta sola, lì, accesa la luce, mi diverto a giocare con gli effetti ottici ancora vivissimi. Muovo le mani nello spazio e rimango meravigliata nell'osservare le grandi scie luminose che queste tracciano nell'aria. Giunge poi, finalmente, il sacro momento di andare a letto, momento in cui spero che l'incubo sia finito davvero, anche se il misterioso occupante dell'amaca russa ancora indecorosamente. Ma voglio dormire, dormire e dimenticare, per quanto possibile. Non faccio in tempo a tirare un sospiro di sollievo, appena sdraiata, che un gruppo di cani inizia ad abbaiare sguaiatamente. Uno di loro durerà per ore, lasciando poi spazio ai galli che, a loro volta, si ammutoliranno in segno di rispetto verso la radio dei vicini. Arriva il momento di alzarci e non ho dormito neanche cinque minuti. Pian, piano il mio umore passa dalla rabbia incontenibile alla preoccupazione, chiedendomi su quali energie avrei potuto aggrapparmi per sopravvivere al viaggio che ci avrebbe aspettato proprio quel giorno per partire alla volta di Tarapoto.
LEZIONE APPRESA:  mai sottovalutare le proprie forze, in particolare quelle nascoste.

Rimango comunque grata a don Pedro per la sua gentilezza, consapevole di quanto l'esperienza inquinata dal contesto circostante abbia influenzato, quella notte, il giudizio verso quel loquace e generoso uomo di Medicina. In ogni caso, ciò che ho compreso -o meglio, verificato- è che cerimonie di tipo tradizionali, libere da sincretismi religiosi di questo tipo, mi sono più congeniali per spirito e bagaglio simbolico e rimango contenta di avere avuto comunque la possibilità di comprenderlo completamente.


lunedì 13 giugno 2011

L'AYAHUASCA COME RI-ORGANIZZATRICE DEL SE'



E' innegabile quanto l'uso di ayahuasca sia strettamente collegato al concetto di equilibrio: equilibrio che concerne l'uomo e la sua interiorità in base ai suoi rapporti con l'esterno (interazione sociale e mondo naturale) e che si ritrova a ricoprire un largo spettro empirico e simbolico che va dal vissuto individuale alla natura dell'ordine cosmico, fino al mondo sociale.
L'uso di ayahuasca, nelle tradizioni ancestrali, mira a ristabilire un equilibrio costantemente precario, continuamente compromesso dalle azioni umane (e talvolta anche extra-umane). Sotto quest'ottica, l'uso della bevanda presuppone una teoria del cosmo, del sociale e dell'individuo, in cui quest'ultimo è l'asse intorno al quale si articolano gli elementi sociali e cosmici della sua esistenza.
La malattia, il disagio esistenziale, i sentimenti di incomprensione o di solitudine, le cattive relazioni,etc, sono segnali di un disequilibrio o di una mancanza di attenzione verso se stessi che hanno permesso l'ingresso del male. Nella percezione animista del mondo dove tutto è in relazione, quest'azione sull'uomo è simultaneamente un'azione sulla natura e sulla società. Molti guaritori e sciamani per parlare dei loro interventi e delle loro pratiche legate all'ayahuasca, usano il termine “sistemare”, cioè riparare e mettere in ordine equilibri rotti, attraverso l'accesso ad una realtà invisibile in un contesto in cui la bevanda enteogenica crea un ponte per poter entrarne in contatto . Lo sciamano per operare in questa direzione si avvale di forze soprannaturali, spiriti ausiliari, canti, oggetti e immagini rituali, ma ciò che in prima istanza lavora nel soggetto è la pianta stessa, attuando una modifica globale del rapporto fra l'Io e il mondo. Ciò corrisponde ad un cambiamento paradigmatico permettendo ciò che Fericgla chiama “riorganizzazione metaforica”. La metafora è un modo di pensare che permette all'uomo di costruirsi il mondo a cui simultaneamente conferisce dei significati. Il pensiero funziona attraverso metafore che danno forma e senso al mondo, includendo l'idea di sé. Esistono differenti “sistemi metaforici” utili a pensare il mondo e se stessi nel mondo (per esempio le diverse scuole di meditazione, ma anche semplicemente la scienza stessa) ai quali la mente fa appello per creare un'idea generale della realtà. Ma ogni essere umano costruisce questa dentro di sé a partire dal proprio territorio cognitivo e in minimo accordo con gli altri. Questa attività cognitiva e immaginaria, arricchita dall’esperienza con l'ayahuasca, costituisce la possibilità di una ri-organizzazione della metafora del mondo, passaggio rivelatore che permette al soggetto di rompere con gli schemi abituali di comprensione e interpretazione attraverso una visione di se stesso e della realtà inediti al fine di riarmonizzare il proprio equilibrio.




STATI MODIFICATI DI COSCIENZA: PER UNA NUOVA PROSPETTIVA


Normalmente ci viene insegnato che la percezione del mondo circostante - e di conseguenza la conoscenza umana - coincide con i processi mediante i quali gli individui organizzano le informazioni di natura prevalentemente sensoriale. Tuttavia, è legittimo sostenere che ogni esperienza, ogni sapere, sia esclusivamente determinato e confinato nel vivere e nell'agire ordinario e sensibile? Sorgono dubbi se ci stacchiamo da quest'ottica etno e cogni-centrica per considerare, invece, il punto di vista di altri popoli secondo cui, al contrario, nella vita quotidiana, in uno stato usuale, la percezione si limita alla sola vista dei corpi materiali, mentre, quei principi più sottili, spirituali, non si rivelano: realtà materiale e realtà immateriale coesisterebbero, ma su differenti livelli vibratori. Secondo quest'ottica, è possibile avvicinarsi ed accedere ad una realtà più “solida” attraverso stati modificati di coscienza. Diverse tradizioni hanno sviluppato numerose tecniche per indurrli. A riguardo, esistono metodi fisici in cui il corpo viene messo a dura prova, come diete o digiuni più o meno prolungati (si pensi alla ricerca della visione nella tradizione Lakota), sforzi fisici (danze di visioni, cammini spirituali, danza sufi,etc.), dolore (danza del sole), la modificazione della respirazione (respirazione olotropica), etc.
Ugualmente, l'uso di piante e preparati psicoattivi, è frequentemente rintracciabile: il peyote, il san pedro e i funghi nell'America centrale, l'ayahuasca in Amazzonia, l'amanita muscaria nell'Asia settentrionale, le “piante delle streghe” in Europa e così via. Parimenti, esistono varie tecniche basate sul suono, spesso associate alla danza, come il battito ritmico e prolungato del tamburo nell'Asia settentrionale e nell'America del Nord, il suono delle maracas nell'America del Sud, il didgeridoo in Australia, i mantra tibetani, etc. Infine, esistono numerose forme di meditazione atte a mettere in riposo il corpo al fine indurre uno stato di focalizzazione mentale particolare. Secondo tali tradizioni, questi stati extra-ordinari non solo fungono da “ponte”verso il divino, ma offrono all'uomo la possibilità di percepire direttamente, senza intermediari, gli aspetti della realtà che generalmente sono al di fuori della coscienza. Ovviamente, dal nostro punto di vista, ciò implica un salto di paradigma ed una messa in discussione degli strumenti concettuali finora utilizzati, pertinenti alla logica cartesiana e scientifica. L'appartenenza alla cultura del progresso ci dice che lo stato di coscienza ordinaria è “normale”, poiché condiviso dalla maggior parte delle persone, mentre quello di coscienza modificata è anomalo, fuori dai canoni di una vita comune e regolare. Ma che esistano popolazioni che ricercano stati modificati di coscienza per attingere a conoscenze altrimenti non raggiungibili è un dato di fatto. Piante e preparati dalle proprietà enteogeniche vengono usati per migliorare la salute, per entrare in una dimensione magica della realtà o per integrarsi con maggior forza nella società di appartenenza. Comprendere la funzione di queste misture o derivati vegetali e l'alterazione mentale che provocano è fondamentale per tentare di capire, i meccanismi cognitivi, biologici e culturali che costituiscono la realtà umana.

venerdì 10 giugno 2011

CERIMONIA DI AYAHUASCA FRA GLI SHIPIBO: LA GIOIA DEGLI INDIZI


Riporto qua in seguito due esperienze fatte fra gli shipibo, vicino al villaggetto di San Francisco, non lontano da Pucallpa(Perù).
A condurre la prima cerimonia di Ayahuasca furono Mateo Arevalo ed il suo maestro Vicente. La seconda notte, invece, fu solo don Mateo ad aprire il rituale, insieme all'aiuto dei suoi apprendisti.

mercoledì 8 giugno 2011

COME TUTTO EBBE INIZIO



Fin da molto giovane mi sono interessata di storia della magia, dell'uso di piante o preparati psicotropi. Ho iniziato, col tempo, a fare le mie prime esperienze con varie piante o sostanze e spesso rimanevo sorpresa nel constatare quanto ognuna di queste -a suo modo- mi lasciasse qualcosa dentro. Qualcosa di significativo, che volta volta mi arricchiva e che mi faceva sentire crescere. La svolta che però ha segnato il mio cammino è stato l'incontro con gli enteogeni del Sud America, come il San Pedro, il Peyote e l'Ayahuasca. Da allora ho approfondito la mia conoscenza relativa agli stati modificati di coscienza, allo sciamanesimo e alla transe, affascinata nel cogliere abbondanti analogie tra questi rituali e quelli, ormai perduti, della cultura esoterica occidentale. Molti dibattiti e argomentazioni sono attivi sul motivo che spinge molti giovani occidentali al “consumo” di enteogeni. Non posso parlare per tutti, ma posso farlo per me. Vivere in questa società, annebbiata dalla materia, dalle croste patinate e da una crescente distanza dalla natura, mi ha sempre messo addosso un senso di disagio e di insofferenza. L'amarezza di parlare con le persone, senza di fatto comunicare e trasmettere è stato altro e forte motivo di irrequietezza. Quest'incolmabile distanza che generalmente percepivo mi poneva un gran numero di domande, finendo spesso nel ritrovarmi in una sorta di stato di rassegnazione. Ho avuto l'immensa fortuna, qualche anno fa, di entrare in contatto con un gruppo di amici con cui organizzavamo sessioni con piante. La prima, che fu col San Pedro, mi ha regalato la speranza. Una speranza forte verso gli altri, verso me stessa e verso (perchè no?) il mondo intero. Ho capito che avrei potuto vivere soddisfatta attuando un compromesso fra me e questa vita, quotidiana, fatta di gingilli, giri di parole, messe in scena e cemento. Intraprendere questo percorso con le piante mi ha dato una spinta irrefrenabile verso la conoscenza. Ho continuato con costanza le mie esperienze con queste piante, in particolare con l'Ayahuasca che mi ha dato tantissimo, sia a livello intimo che di conoscenza. Sono riuscita, grazie ad essa, ad affrontare in modo costruttivo (e curativo) aspetti della mia vita e del mio essere e, più avanti, a raggiungere inaspettati “indizi” di una conoscenza misteriosa, sepolta...primordiale. Capisco la perplessità che possono suscitare le mie parole, lo capisco davvero. Non è semplice raccontare cose del genere e spesso si viene scambiati per matti od invasati. Nella nostra società è inconcepibile l'idea che le piante possano insegnare qualcosa all'uomo, ma dopo le mie esperienze in Perù, ho avuto la conferma che ciò è realmente possibile e sono stata felice di ogni singolo regalo offerto da queste piante-maestro. Nutro un profondo senso di gratitudine verso questa Medicina, che mi ha regalato sapere, il canto e la possibilità di poter fare del bene agli altri e -cosa fondamentale- la possibilità di “riorganizzare” la mia persona, con tutte le sue annesse specificità e poter vivere, davvero, in modo migliore.

martedì 17 maggio 2011

IL PROBLEMA DEL SAPERE


Le idee non sono la verità; la verità è qualcosa che deve essere sperimentata direttamente, di momento in momento.”, J. Krishnamurti


Tutte le volte che mi ritrovo, per un motivo o per un altro, a parlare di enteogeni, mi scontro con grandi difficoltà. Ciò accade anche tra la cerchia a me più vicina di antropologi, persone che in teoria dovrebbero conoscere l'argomento o che comunque dovrebbero essere maggiormente più propense ad accogliere certi punti di vista. Più passano gli anni più mi rendo conto quanto invece nell'ambito dell'antropologia questo tema (come appunto gli stati modificati di coscienza, o più in generale lo sciamanesimo) raramente vengano contemplati e soprattutto studiati. Inoltre sono dell'idea che per poter parlare di argomenti del genere la teoria, i libri e quindi lo studio (almeno sotto questa forma) non siano assolutamente sufficienti per poter entrare davvero in profondità col tema in questione. Se ci pensiamo sono (e sono stati) davvero pochi gli antropologi “sperimentatori”, quelli cioè che non si avvalgono solamente della teoria per conoscere questa realtà, ma che decidono di entrarci realmente in contatto assumendo loro stessi piante o preparati. Nello scrivere realizzo sempre di più di quanto questo sia un discorso complesso. Sono dell'idea che non si possa parlare di una cosa se davvero non la si conosce fino in fondo. Tutte le volte che leggo articoli o libri o che ascolto conferenze da persone che si spacciano per “grandi conoscitori” dell'argomento, senza però mai esser passati alla pratica mi assale un immenso senso di frustrazione. Per quanto la loro formazione possa essere ricca, approfondita, specializzata non potranno comunque che esserci lacune. Continuare a parlare di “droghe”, di “stregoni imbroglioni” (nel caso degli sciamani) e via dicendo dimostra un pericoloso livello di ignoranza non solo controproducente, ma che indirettamente (ma non troppo) discredita completamente questa dimensione. Sia chiaro, il mio scopo non è farmi paladina di tutti gli sciamani (perchè sì, di imbroglioni ce ne sono davvero) o di tutti i preparati psicotropi, ma solo di fare un po' di ordine laddove, invece, regnano il caos e l'anarchia, per non parlare dell'ignoranza. Non è semplice parlare di un argomento simile neanche quando lo si conosce direttamente. E' come se ci fosse un massiccio gap comunicativo tra chi ha vissuto certe esperienze e chi ci ascolta e abbassarlo risulta spesso faticoso. Ciò avviene anche con chi conosce le sostanze e ne fa (o ne ha fatto uso) qui in Occidente, a scopo ludico e spesso superficiale. Gli enteogeni ed i costrutti rituali di cui fanno parte lasciano addosso esperienze spesso forti, inaspettate e soprattutto difficili da descrivere con parole. Significa, spesso, entrare in contatto con mondi ed entità (concedetemi il termine) sconosciute, accedere a forme di conoscenza insospettabili, ad una maggior comprensione di noi stessi e della realtà. Non voglio dire che chi non ha mai fatto esperienze simili non sia in grado di capire, voglio dire solo che è difficile descrivere cose come queste e soprattutto quanto sia riduttivo, soprattutto nel mio campo, affrontare questo tema se come fonte primaria vengono usati solo libri, saggi o documentari. L'intento di questo blog, infatti, è riuscire a rendere accessibile quest'argomento, avvalendomi anche delle mie esperienze personali....spero davvero di riuscirci.

lunedì 16 maggio 2011

IL TEMAZCAL: BREVE PRESENTAZIONE


TEMAZCAL: Cos'è

Il temazcal (o Inipi) è una tradizione antichissima tra le più diffuse fra i nativi del Nord America. Il termine deriva dal nuathl (lingua degli aztechi), dove Teme significa “fare il bagno” e Calli sta per “casa”. Consiste in una piccola struttura a forma di igloo, il cui scheletro è costituito solitamente da rami di salice che viene ricoperto da coperte (o in origine da pelli) in modo che al suo interno si crei uno spazio circolare perfettamente chiuso fatta eccezione per l'apertura (o “porta”) comunque chiudibile. Al centro della struttura si trova una buca dove vengono messe le pietre messe dopo che hanno quasi raggiunto l'incandescenza nel fuoco cerimoniale all'esterno della capanna sudatoria. Una volta riunito il gruppo di persone dentro il temazcal, vengono introdotte le prime pietre, sulle quali, una ad una vengono bruciate essenze o piante sacre. Dopodichè viene chiusa la porta e chi guida la cerimonia versa l'acqua sulle pietre, creando così nubi intense di vapore. Generalmente la cerimonia consiste di quattro “porte”, ossia quattro fasi collegate ad un elemento, ognuna con un suo particolare significato ed un'intensità crescente di calore , dato che dopo ogni porta vengono aggiunte pietre. La catarsi prodotta è reale e tangibile; il processo viene considerato come lavoro di pulizia (fisica e mentale), come una trasformazione totale della propria energia, come purificazione e presa di contatto con se stessi e con gli altri.  La struttura ricorda il ventre della donna e l'intento primo è infatti “tornare” non solo nell'utero materno, ma ricongiungersi anche con la Grande Madre: la terra, attraverso un processo di consapevolezza e purificazione.
BENEFICI
L'inipi è una terapia molto potente per il trattamento di molte malattie o dolori, siano essi  acuti e/o cronici. I benefici fisici che la capanna offre riguardano problemi reumatici, prostatici, oppure artriti, problemi digestivi, circolatori, epatici, polmonari, bronchiti o problemi ghiandolari come la tiroide. Grazie alle sue caratteristiche curative è uno dei metodi più efficaci per stimolare tutti gli organi interni, pulendo il nostro corpo sudando grandi quantità di tossine accumulate a causa di farmaci o di un'alimentazione scorretta che possono aver contaminato l'organismo.
Aiuta inoltre l'eliminazione di grassi, di conseguenza può facilitare trattamenti di obesità o di invecchiamento precoce della pelle. Elimina la stanchezza cronica, fisica o mentale, problemi di digestione, decongestiona il sistema linfatico e migliora notevolmente la qualità della vita di persone che soffrono di diabete e di ipertensione.

 1)RILASSAMENTO TOTALE DEL SISTEMA IMMUNITARIO

Il temazcal aiuta il rilassamento del sistema muscolare, come ad esempio in caso di contrazioni muscolari, dolori alle spalle, alle ginocchia e alle caviglie grazie agli effetti della temperatura e degli olii volatili delle piante utilizzate durante la cerimonia.
2)MIGLIORAMENTO DEL SISTEMA CIRCOLATORIO
Grazie all'alta temperatura  si ottiene un alto grado di movimento del sistema circolatorio che aiuta a correggere problemi di varici, ulcere varicose, formicolio e addormentamento di mani e piedi, pressione bassa e alta e altri problemi di natura circolatoria.
3)MIGLIORAMENTO DEL SISTEMA IMMUNITARIO
Il bagno di sudore aiuta la produzione di leucociti (globuli bianchi). E' stato visto che persone che partecipano regolarmente a capanne di sudore e che soffrono di malattie croniche o ricorrenti, migliorano  notevolmente con l'andare del tempo e se si ammalano, riescono a recuperare più facilmente.
4)DISINTOSSICAZIONE DEL CORPO
Nel temazcal, una persona può espellere tutto ciò che è necessario per depurare il proprio corpo attraverso il sudore: acido urico, problemi della pelle (per esempio l'acne), bruciare grassi ed impurità della pelle, curare artriti e migliorare il funzionamento dei reni. Si stima che in un'ora, un adulto normale possa perdere fino ad  un litro di sudore, che equivale ad un chilo di tossine.
5)SISTEMA TEGUMENTARIO
La pelle attua una sorta di meccanismo regolatore della temperatura interna dell'organismo. In alcuni casi le temperature superano i 50 gradi: nel corpo esiste un meccanismo di autoregolazione interna che permette di superare i 38 gradi. In molti casi, soprattutto in persone che vivendo abitualmente in luoghi inquinati hanno i pori della pelle più ostruiti, grazie all'alta temperatura, questi, si riattivano. Si può dire che il temazcal stimoli il rigeneramento della pelle, faciliti la formazione dell'epidermide, vitale per la protezione contro le infezioni della pelle.
6)APPARATO RESPIRATORIO
Pulisce e decongestiona i canali nasali e paranasali. In alcuni casi, infatti, i bagni di sudore vengono fatti curare influenze, bronchiti, asma e sinusiti, impiegando olii essenziali utili a migliorare lo stato di salute. Avviene, inoltre, un aumento del flusso sanguigno che, insieme all'espansione dei polmoni e dei bronchi, facilita l'espulsione delle tossine accumulate, alleviando così sinusiti, eccessi di catarro, asma, enfisemi e altri problemi di ordine polmonare.
7)SISTEMA NERVOSO
Il temazcal provoca un effetto rilassante che stimola tutto l'organismo e ciò può facilitare in caso di problemi di stress, insonnia, tensione nervosa,etc. Migliora inoltre il processo mentale senza causare effetti collaterali e stimola il sistema ormonale. Ciò funziona come una pulizia sanguigna dove le tossine e le impurità vengono eliminate  attraverso il sudore, aiutando anche, in modo naturale, disfunzioni cardiovascolari. A livello psicologico permette una migliore comprensione di problemi personali o di questioni emotive non risolte.

8) PARTO E POST-PARTO
Anticamente, in molti posti, la capanna del sudore venne usata anche  per questo scopo: il parto. Le ostetriche tradizionali ne facevano ricorso come misura preventiva o curativa: il calore, infatti, dilatando maggiormente il collo dell'utero, facilita l'andamento del parto. Dopo il parto venivano fatti vari bagni di vapore con piante medicinali allo scopo di far tornare ciò che si è espanso alla posizione e alla forma originaria. Questa tecnica può essere d'aiuto anche a donne con problemi di infertilità, mestruazioni dolorose, coliche o anche per stimolare la produzione di latte materno.

sabato 14 maggio 2011

ANTROPOLOGI ETNOCENTRICI

A noi antropologi insegnano, i primi anni dell'università, a come entrare in contatto con l'altro per   CAPIRE l' “altro”. Ci dicono che il miglior modo per farlo è immergersi completamente nella sua cultura, nel suo modo di vivere, riuscendo a vedere il mondo con i suoi occhi. E' ovvio che ciò comporti mettere da parte il proprio bagaglio culturale e ,volendo ricorrere a Bordieu, il proprio habitus. Non è una predisposizione da sottovalutare, in quanto il rischio di lasciarsi intrappolare dai propri punti di vista o da eventuali pregiudizi può presentarsi sotto forme neanche visibili e consapevoli, almeno ad un primo sguardo. Capire il perchè delle differenze o il significato di talune pratiche implica necessariamente  spogliarsi provvisoriamente della propria identità per indossare  panni che normalmente non ci appartengono. E può capitare che questi panni ci stiano stretti, talmente stretti da non riuscire a resistere alla tentazione di trovare dei compromessi, nella migliore delle ipotesi, altrimenti, invece, vince il rifiuto, il senso di superiorità e quindi il giudizio.
Scrivo questo in quanto, durante i miei anni di università ho spesso vissuto la frustrazione di chi, come me, sentiva davvero la voglia di imparare una disciplina come l'antropologia, aspettandosi particolari insegnamenti e predisposizioni da chi era dalla parte della cattedra, per poi invece trovarsi smarrito e con mille interrogativi. Approcciandomi all'antropologia ho sempre ritenuto utile affrontare la diversità come occasione preziosa non solo per confrontarsi, ma anche e soprattutto per mettere in discussione la propria cultura di appartenenza. Andare avanti con gli anni e constatare che invece la maggior parte dei professori si pone abitualmente in un atteggiamento etnocentrico nei confronti della diversità è stata una delle cose più scoraggianti e frustranti.
Riporterò qui di seguito un esempio concreto, illustrando un episodio a me successo perchè possa esser compreso meglio ciò che voglio dire.
Qualche tempo fa ho seguito all'università un corso sulla transe, sui rituali di possessione e sullo sciamanesimo. Ero finalmente felice di poter affrontare dopo tanto un argomento di mio interesse. E' bastato poco per capire l'approccio scettico del professore in merito al tema che in modo cristallino, ammettendo il fatto di non essere in  grado di poter accettare parole come “spirito”, “altra dimensione”, ha subito cercato di trovare spiegazioni razionali e occidentali ai relativi fenomeni. Ovviamente non potevo altro che fremere silenziosamente sul mio banco. Finalmente poi è arrivato il mio turno il giorno in cui avrei presentato alla classe “il serpente cosmico” di J. Narby. Oltre a sottolineare l'importanza del lavoro e della ricerca dell'autore ho raccontato la mia esperienza con l'ayahuasca in Perù, cercando di rendere comprensibile ciò che ho vissuto, affrontato e compreso. Non è semplice riuscire a trasmettere qualcosa del genere a chi è completamente ignaro all'argomento, ma credo di avere avuto perlomeno  il merito di mostrare un altro punto di vista, che esiste. Non ha senso stabilire quale sia l'esatto, ma è fondamentale averne di fronte un maggior numero possibile. Ho poi terminato il mio seminario domandando  al professore del corso se escludere a priori l'esistenza di realtà a noi inconcepibili (come l'esistenza di spiriti, il contatto con le divinità, l'accesso a mondi invisibili,etc) non sia un atteggiamento palesemente etnocentrico che non può che frenare l'indagine e una miglior comprensione di questa realtà. Ancora mi sto chiedendo se mi ha reso felice sentirmi rispondere di aver ragione....

PRESENTAZIONE E BENVENUTO

Questo blog nasce dal desiderio di condividere un percorso intrapreso da anni sulla via della consapevolezza e  dell'indagine interiore. Non è e non sarà una pagina sulla psichedelia, nè tantomeno sulle "droghe", ma semplicemente un taccuino di pensieri, riflessioni e argomenti inerenti al cammino di questi anni, da fermare e scambiare con chi lo desideri. Benvenuto/a, quindi, e buona lettura....