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venerdì 16 marzo 2012

RIFLESSIONI A GETTO DI UN SENTIRE PESANTE (La fatica del trasmettere).





Ultimamente sto riflettendo più del solito e la mia assenza dal blog non è semplicemente e solo dovuta ad impegni o a priorità diverse, quanto al fatto che mi capita ormai costantemente di ritrovarmi in una sorta di rifrullio mentale che mi disorienta e mi presenta nella testa un’infinità di questioni di cui l’imbarazzo della scelta si fa a dir poco spiazzante. Le riflessioni da sviluppare e proporre sarebbero molte,troppe, ma una, fra queste, martella con più rumore nella mia testa. Recentemente sono venuta a conoscenza del caso di un ragazzo cileno incriminato per detenzione di ayahuasca e uso di questa in lavori di crescita personale. In pratica, questa persona, organizzava cerimonie di cura nel suo centro, coinvolgendo chi fosse interessato ad intraprendere un percorso di guarigione, di auto-ascolto o di “evoluzione spirituale”. Non mi voglio dilungare sulla faccenda in sé, ma mi ha stupito che in Chile, Stato del Sud America, culla del vegetalismo o comunque dei sistemi di cura tradizionali, la questione abbia avuto una tale risonanza . Risonanza , chiaramente, non a favore del ragazzo denunciato per uso e detenzione di una “sostanza” (come viene chiamata l’ayahuasca dai più, ma dai meno informati) illegale. Sono sprofondata in uno stato misto fra una tristezza quasi struggente e rabbia, grondante amarezza. Mi chiedo: ma davvero ci siamo allontanati così tanto da noi stessi? Davvero l’uomo può demonizzare, se non rinnegare, quelle origini ancestrali, scrigni preziosi di una conoscenza infinita e benevola? Ebbene sì e, a quanto pare, proprio con naturalezza. Ci siamo persi di vista. E non parlo solo per ciò che concerne le conoscenze ancestrali di altri continenti, ma anche di noi, poveri Occidentali, ormai annebbiati dal materialismo, dallo sviluppo industriale, dal calcio, dal cemento, da relazioni fittizie e di comodo e via dicendo. Solo che da noi il processo è avvenuto prima, si sa. E ci sembra normale, naturale. E’ l’evoluzione (!), il progresso.
Ricordo quel giorno in cui, camminando per i corridoi dell’università, m’imbattei nel mio professore di fiducia e rivolsi a lui le domande che perseguitavano il mio essere, il senso di sfiducia e quelle frustrazioni più ricorrenti che mi facevano sentire imprigionata ed incompresa. Gli spiegai, usando il minor numero possibile di parole, quanto fosse difficile per me, trasmettere non tanto al mondo, quanto ad i miei compagni, colleghi,professori, vicini e cari la verità, l’origine così lontana nel tempo, ma in realtà a noi vicinissima -ma su altri livelli- di quei mondi aperti dagli enteogeni, dai sistemi di cura tradizionali. Gli spiegai la mia difficoltà di far comprendere, o meglio…ri-cordare (perché in fondo, se ci pensiamo, si tratta di questo) l’importanza di tutto questo, il vero significato di tutto questo. Di quanto sia difficile esprimersi su simili argomenti, senza esser presa per folle, fanatica o per una fricchettona dal cervello mezzo bruciato. Di quanto solo l’impiego del termine “droga”, “psichedelico” per riferirsi a “piante di potere” mi facesse sentire male e scoraggiata, soprattutto in quei luoghi dove si spera che scorra un sapere genuino e profondo, o in quei testi, dove molte persone, cercano risposte alle loro (spesso) silenziose domande. Parlai con lui della pericolosità del banalizzare certi argomenti, della superbia in cui spesso mi imbattevo. Superbia spesso patinata e difesa da argomentazioni pseudo-scientifiche, costruita con mattoni estrapolati da libri…da teorie, ma soprattutto teoriA. Chi fra questi dottoroni, professori o studiosi se ne è andato realmente nella Foresta Amazzonica (per dirne una) a bere ayahuasca o assumere piante-maestro? Chi, quanti, dalla teoria, è/sono passato/i realmente alla pratica, alla sperimentazione? Quanti, fra gli antropologi, per esempio, sono riusciti ad attuare quel famoso cambio di prospettiva, cardine della ricerca sul campo o comunque dell’antropologia culturale in generale? Credo si contino sulle dita di una sola mano.
Il mio professore mi ascoltava silenzioso, annuendo. Devo ammettere che mentre parlavo, ho sospettato anche di lui. Era la sua calma a non convincermi. Ma dopo che ebbi terminato il mio breve, ma incisivo monologo, mi rispose con una naturalezza disarmante: “Devi scrivere di te, della tua storia. Raccontare quel mondo, come lo hai raggiunto e cosa hai capito. Ci vorrà tempo, ma piano, piano, le persone potrebbero iniziare a porsi delle domande, differenti.” e dopo questo ci congedammo.
Non mi aveva suggerito niente di nuovo che io non avessi già pensato. Da tempo rimuginavo su questo: sulla necessità di scrivere e raccontare. Ma finivo spesso con il minimizzare me stessa e la mia storia che a miei occhi non ha mai avuto particolare straordinarietà. Sì, sono cambiate molte cose, è vero, in me stessa e nel mio sentire la vita e la realtà, ma non ho mai pensato che la mia storia o le mie idee potessero realmente interessare a molti. Ma in fondo sapevo che il consiglio datomi dal mio professore avrebbe potuto significare l’inizio di un piccolo contributo, anche se non significativo, ma comunque un tentativo. Per questo, in fondo, ho avuto l’idea di aprire questo blog. Solo che forse è arrivato il momento che parli di me, della mia storia.

4 commenti:

  1. Cara Mesclarina...
    ho letto da qualche parte:
    "E' Maya, il velo ingannatore, che avvolge gli occhi dei mortali e fa loro vedere un mondo del quale non può dirsi nè che esista, nè che non esista; perchè ella rassomiglia al sogno, rassomiglia al riflesso del sole sulla sabbia, che il pellegrino da lontano scambia per acqua, o anche rassomiglia alla corda gettata a terra che egli prende per un serpente".
    Con simpatia profonda, Carla

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  2. Che bello leggere queste cose....
    a me la tua storia e le tue idee interessano...SCRIVI!

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  3. il tuo professoere è stato molto sincero e collaborativo. non puoi convincere chi non vuol essere convinto. ma puoi ESSERCI per chi ti vuole ascoltare. magari anche in ambienti che non sospetteresti. perfino il tuo super-accademico professore ti ha ascoltato! e ti ha dato l'unico consiglio sensato. ;)
    Buona Fortuna. :)
    Silvia
    (http://miskajani.blogspot.it/ strumenti di trasformazione per una Crescita Felice)

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